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Barriere architettoniche: il punto sulla normativa vigente

Un architetto nel corso della sua carriera deve affrontare il superamento delle barriere architettoniche. Facciamo il punto sulla normativa vigente

Un architetto deve porre molta attenzione alla riduzione dell’impatto ambientale con la riqualificazione energetica delle costruzioni, perché un progetto sia sostenibile, ma anche rispettare le normative vigenti sulle barriere architettoniche, rendendo accessibili spazi ed edifici a tutti gli utenti, inclusi i disabili. La normativa vigente prevede una serie di disposizioni atte a conseguire l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici, privati, e in quelli privati con accessibilità pubblica.

Inoltre, una commissione delle problematiche relative alla disabilità, per quanto riguarda gli spazi dei beni e delle attività culturali, ha redatto un documento contenente linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nelle aree di interesse culturale. Nel corso della sua attività, un architetto si troverà a dover affrontare queste situazioni, prima o poi, rendendo necessario il possesso delle giuste competenze tecniche per far fronte alla realizzazione o alla modifica del progetto edilizio.

Barriere architettoniche: normativa vigente

 

La legge fondamentale che disciplina le barriere architettoniche è del 1989, ma già in precedenza, nel 1971, l’articolo 27 della legge 118 prevedeva che:

  • non può essere vietata l’accessibilità ai disabili in nessun luogo aperto al pubblico;
  • tutti gli edifici di interesse sociale devono essere sprovvisti di qualsivoglia barriera architettonica;
  • i luoghi dove si svolgono attività pubbliche, come concerti o manifestazioni, devono prevedere posti riservati ai non deambulanti;
  • gli edifici di edilizia popolare a pian terreno devono essere destinati con priorità ai disabili che ne fanno richiesta.

Vediamo adesso quali sono invece le ulteriori predisposizioni sancite dalla suddetta normativa del 1989, che disciplina non solo l’accessibilità ma anche l’abbattimento di precedenti barriere architettoniche. La legge 13/89 stabilisce i contributi concessi ai cittadini per la demolizione di barriere architettoniche su immobili privati, dove risiedono persone con limitata o impedita capacità motoria e non vedenti.

Barriere architettoniche: requisiti richiesti dal D.M. 236/89

 

Per gli architetti, però, è da valutare il D.M. 236/89, perché definisce in modo preciso termini e concetti, indicando tutte le specifiche tecniche e dimensionali per il raggiungimento di tre requisiti qualitativi ai quali devono rispondere gli edifici e gli spazi privati.

I 3 requisiti sono i seguenti:

1) Accessibilità

Le persone con ridotta o impedita capacità sensoriale o motoria devono poter fruire degli spazi in autonomia e sicurezza, avendo l’opportunità di poter raggiungere ed entrare negli edifici in modo agevole.

2) Visitabilità

Le persone con ridotta o impedita capacità sensoriale o motoria devono poter accedere ad almeno un servizio igienico e agli spazi di relazione dell’edificio privato (soggiorno, stanza da pranzo e i corrispettivi nel luogo di lavoro, come gli spazi di incontro). In questo caso si presenterà un accesso limitato alla struttura, ma verranno tutelati i luoghi che consentono le relazioni fondamentali.

3) Adattabilità

Un edificio è considerato adattabile quando lo spazio costruito potrebbe essere modificabile nel tempo, anche solo in parte, senza costi eccessivi, di modo da renderlo accessibile anche a persone con capacità sensoriale e motoria ridotta o impedita. Viene riconosciuta l’adattabilità quando per le modifiche non vengono toccate né la struttura portante né la rete degli impianti comuni.

Come garantire questi requisiti agli edifici

Nel D.M. 236/89 sono indicati i parametri indispensabili al raggiungimento di questi requisiti, come la pendenza delle rampe pedonali, la dimensione minima delle porte, degli spazi richiesti alla rotazione di una sedia a rotelle e degli ascensori, differenziati a seconda del tipo di costruzione e di superficie. Ogni nuovo edificio deve rispettare queste norme, mentre quelli vecchi devono adeguarsi alla normativa in caso di ristrutturazione.

Barriere architettoniche: il D.P.R. 503/1996 e la legge n. 104/92

 

Per quanto riguarda edifici e spazi pubblici, esistono alcune leggi con norme tecniche molto precise che garantiscono l’accessibilità ai disabili. La disciplina vigente è contenuta nel D.P.R 503/1996, che prevede a quali requisiti e caratteristiche debbano rispondere edifici, spazi e servizi pubblici, in particolare parcheggi, arredo urbano, attraversamenti pedonali, marciapiedi, rampe e scale.

Questo regolamento integrava altri atti legislativi, tra i quali la legge 5 febbraio 1992, n. 104, ”Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate“, che, in alcuni commi, si occupa dell’abbattimento delle barriere architettoniche in luoghi pubblici per tutelare i disabili dall’esclusione dell’opportunità di fruire di servizi di sanità, assistenza, scuola, lavoro, trasporti o altre prestazioni garantite ad ogni altro cittadino.

La legge 104 prevede che vengano rilasciate le concessioni edilizie solo a progetti che rispettino le norme sulle barriere architettoniche, sanzionando i responsabili di realizzazione di edifici pubblici che compromettano l’accesso ai disabili.

Inoltre, contempla che siano stanziati dei fondi per opere nell’edilizia residenziale pubblica e che i regolamenti edilizi comunali siano adeguati alle norme vigenti.

Barriere architettoniche e luoghi di interesse culturale: le linee guida da seguire

 

Per quanto riguarda le linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale, vengono suggerite alcune soluzioni ad architetti, ingegneri o funzionari pubblici che possano esser da supporto per risolvere problematiche di accessibilità in fase di progettazione o di restauro. Progettare l’accessibilità non è un optional ma un dovere civico e morale, ponendo al centro dell’attenzione le esigenze dell’essere umano, anche quando le sue peculiarità siano differenti da ciò che convenzionalmente consideriamo “normale”.

Approccio “Universal Design”

Questo approccio è conosciuto come “Universal Design” o “Design fo all” e fa riferimento alla progettazione di spazi e ambienti utilizzabili da tutti, a prescindere dall’età e dalla capacità psicofisica. Nel 1997, un gruppo di architetti, designer, assistenti tecnici e ricercatori definirono i 7 principi base dell’Universal Design:

  1. Uso equo: il progetto è fruibile da persone con diverse abilità;
  2. Uso flessibile: il progetto si adatta ad un’ampio raggio di abilità individuali differenti;
  3. Uso semplice ed intuitivo: l’uso del progetto è semplice da capire;
  4. Percettibilità delle informazioni: il progetto comunica le informazioni necessarie per fruirne in modo indifferente rispetto alle capacità sensoriali dell’utilizzatore;
  5. Tolleranza dell’errore: il progetto minimizza i rischi e le conseguenze negative da azioni non volute;
  6. Contenimento dello sforzo fisico: il progetto può essere usato in modo efficace con sforzo minimo;
  7. Misure e spazi per l’avvicinamento e l’uso: il progetto ha le dimensioni appropriate per essere utilizzato in modo sicuro da chiunque a prescindere da statura, postura e mobilità.

Queste linee guida permettono di progettare spazi ed edifici a costi contenuti in modo da renderli accessibili e utilizzabili da chiunque. Pensare ad un’opera per un’utenza ampliata supera sia il concetto astratto e antico di progetto per lo standard, che quello di progetto senza barriere, che comunque accentua le differenze tra normodotati e disabili. Qualcosa di progettato con accortezza per un utenza ampliata e integrato architettonicamente con il resto dello spazio circostante, crea un elemento alternativo utilizzabile per tutti.

Linee guida: i 7 principi base

 

Nelle linee guide per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale vengono suggeriti questi 7 principi base, ma sono anche elencatialtri criteri per la progettazione e la gestione. Il patrimonio culturale italiano è talmente variegato da non poter trovare delle soluzioni standardizzate, ma almeno sono trascritte linee generali basate sulle tipologie più diffuse di beni culturali:

  • Parchi e giardini storici o archeologici: cercare di rendere accessibili a chiunque i vari percorsi, livellando con rampe anche provvisorie i dislivelli o cercando di individuare e segnalare opportunamente gli itinerari percorribili più agevolmente;
  • Spazi urbani: cercare di rendere accessibili a chiunque percorsi sconnessi o ripidi e di rendere efficienti le aree di sosta evitando l’assenza di parcheggi adatti ai disabili;
  • Edifici e complessi monumentali: rendere accessibili gli ingressi e i vari livelli, progettando rampe o elevatrici e redendo gli ascensori di dimensioni adatte alle carrozzelle. Creare percorsi fruibili agevolmente e segnalati accuratamente per chiunque, anche per le uscite di emergenza e i servizi igienici.
  • Luoghi di culto: rendere almeno, per quanto possibile, accessibile a chiunque l’ingresso, l’aula per le celebrazioni e la zona dell’altare.
  • Spazi espositivi, musei, archivi e biblioteche: oltre alle stesse problematiche dei complessi monumentali, questi spazi devono avere percorsi privi di ostacoli e diversificati per permettere visite brevi alle opere di maggior valore.

In questo articolo ti abbiamo fornito il punto sulle normative vigenti per il superamento delle barriere architettoniche in luoghi privati, pubblici o di interesse culturale, alle quali ogni architetto deve fare riferimento nella progettazione e gestione di un progetto.

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